martedì 7 maggio 2013

Non basta avere ragione: bisogna avere anche qualcuno che te la dia




C'è tutto Giulio Andreotti in questa frase: c'è l'umiltà e la concretezza di un uomo abituato a fare Politica (in mezzo ai giganti, non ai nani di oggi:  "So di essere di media statura ma non vedo giganti attorno a me") e dunque a ricercare il consenso, la mediazione.
Si parla tanto (troppo) in questi giorni, anziché ricordare lo statista, dei suoi presunti legami con la mafia, tramite Salvo Lima e Ciancimino.
Si menziona il fatto che la Corte d'Appello di Palermo, nel 2003, abbia scritto in una sentenza che Andreotti aveva stabili legami con Cosa Nostra. Peccato che i giudici, quando hanno scritto quella sentenza, già sapessero che l'eventuale reato era ormai prescritto. Troppo comodo.
Oggi Umberto Ambrosoli è uscito dall'aula del Consiglio Regionale al momento della commemorazione di Andreotti; lo stesso Presidente Andreotti avrebbe capito il gesto: egli si è reso infatti protagonista di una battuta infelice sul padre di Ambrosoli, battuta di cui si è poi scusato.
Assurde poi le prime pagine di ieri dal Fatto Quotidiano e del Manifesto, improntate solo alla denigrazione.
Insomma,  la figura di Andreotti oggi come ieri divide l'Italia in due.
A noi sembra doveroso ricordare qui lo statista, l'uomo sette volte Presidente del Consiglio, Ministro a 34 anni , e poi ancora per una quindicina di volte in tutti i Dicasteri più importanti, sottosegretario in tutti i Governi De Gasperi.
Amico di CL, legatissimo alle gerarchie ecclesiastiche, fautore di una politica illuminata nel mediterraneo (e per questo inviso agli americani: strano che la sinistra non ne abbia mai dato atto, visto che il sostegno ai Palestinesi le è comune).
Primo Premier del compromesso storico, sostenuto da DC e PC (il Governo della "non sfiducia" ), da Aldo Moro ed Enrico Berlinguer.
In Parlamento dalla Costituente ad oggi.
Tutti questi sono fatti, non interpretazioni.
Andreotti è stato, a parere di chi scrive, uno dei più grandi statisti italiani del dopoguerra (insieme a De Gasperi, Moro e Berlinguer).
Una sola - grave - responsabilità (per quanto è noto) ci pare gli sia addebitabile: la scelta della linea della fermezza nel sequestro Moro.
Andreotti scelse (e fu sua la paternità delle scelte, com'è accertato) di non trattare con le Brigate Rosse per non dare il segno di un cedimento dello Stato. E invece Moro si poteva, si doveva salvare. Fu un errore tragico: il corpo di Moro in quella Renault 4 rossa, che tutti i meno giovani ricordano, non mostrava una vittoria, ma una terribile sconfitta dello Stato.
Ad ogni modo, Andreotti fece le sue scelte, e probabilmente ciò umanamente gli costò non poco.
Addio, Presidente Andreotti.



Lo  Staff di LiberaMente

Nessun commento:

Posta un commento