Chi, in questi ultimi anni, ha avuto
occasione di partecipare alle Messe celebrate dal Cardinale Martini nella
Chiesa dell’Aloisianum di Gallarate, avrà vissuto con dispiacere il suo
precario stato di salute, sempre più evidente. Ciononostante, Carlo Maria
Martini, pur nell’evidente sofferenza, ha sempre mantenuto quella serenità e
quella lucidità che lo hanno sempre contraddistinto.
Tutti oggi, politici, filosofi, religiosi,
lo ricordano sotto vari aspetti; ognuno, più o meno velatamente, cerca di
“tirarlo per la giacchetta”, presentandosi – chi più chi meno – come suo
affezionato discepolo, amico o confidente.
Ma non è un caso: chi oggi ha tra i 40 ed i
50 anni e oltre, lo ricorda come il “suo” Arcivescovo, perché è colui che ha
sempre cercato di unire, di andare incontro, coniugando grande umanità e
concretezza alla cultura di grande biblista.
Così noi preferiamo ricordarlo, insieme
alle tante persone comuni che sono andate a rendergli omaggio : come il nostro Vescovo.
Ancora oggi, a chi, per oltre vent’anni, durante
la messa, nella intercessione per i vivi
della preghiera eucaristica, ha udito quelle parole, dopo il ricordo del Papa
Benedetto XVI viene ancora da ripetere “il nostro vescovo Carlo Maria”.
Al link sottostante troverete l'ultima intervista, resa al confratello gesuita Padre Georg Sporschill ed a Federica Radice, pubblicata dal Corriere della Sera. Alcuni la definiscono il testamento spirituale del Cardinale.
Lo Staff di LiberaMente
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