martedì 31 gennaio 2012

Lavoro, diritti e crescita: cosa ci attende sul mercato del lavoro ?

Ogni tanto, è  bene distogliere l'attenzione dalle nostre beghe di paese, per riflettere su temi più generali,  cercando per quanto possibile di comprendere i termini del problema e di fornire - onestamente - la nostra opinione.


In questo breve appunto vorremmo occuparci di lavoro e diritti: giovedì a Palazzo Chigi il governo tecnico, nella persona del Ministro Elsa Fornero, si riunirà con le parti sociali per discutere di quella che, potenzialmente, può essere la riforma più importante, ripetutamente chiesta anche dall'Unione Europea, quella del mercato del lavoro.


Alcuni, come la CGIL, hanno una posizione netta: l'articolo 18 non si tocca, anzi va esteso a tutti i lavoratori (è l'art 18 dello Statuto dei lavoratori, che obbliga le aziende con più di 15 dipendenti a riassumere i lavoratori quando il licenziamento sia ritenuto illegittimo dal giudice). 


Non solo: secondo Susanna Camusso il campo di applicazione della Cassa Integrazione va estesa.
La CISL di Bonanni accetta di discutere delle riforme, chiedendo però che siano condivise con i lavoratori.
Sul Corriere della Sera di Lunedì 30 gennaio, due illustri economisti , Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, sostengono con forza la necessità di riformare il mercato del lavoro, a tutela di quasi quattro milioni di precari:  introducendo maggiore flessibilità in uscita (leggi libertà di licenziare) nei primi tre anni di lavoro, si eliminerebbero i contratti precari: le aziende assumerebbero con contratti ordinari e, dopo i primi tre anni, la posizione diventerebbe stabile.

L'argomentazione contraria è tutt'altro che banale: perché mai per stabilizzare alcuni si dovrebbe intervenire anche sui diritti degli altri? Perché per migliorare la situazione di alcuni si dovrebbe peggiorare la condizione di tutti?  Soprattutto se si tratta di perdere diritti conquistati faticosamente negli anni 
In effetti, sembra un controsenso. E forse, messo così, lo è.


Di questo si discuterá giovedì : la Fornero proporrà la sostituzione dei moltissimi contratti collettivi italiani con pochi contratti, uguali per tutti, in cui i primi tre anni (almeno così pare) siano all'insegna della flessibilità. Sull'altro piatto della bilancia verrà probabilmente messo il salario di disoccupazione, una misura - per tutti i lavoratori - che consenta loro di superare il periodo di ricerca di un nuovo lavoro.
Come avviene in tutta Europa: anche nei Paesi del cosiddetto socialismo reale, i Paesi Scandinavi.
Che dire?
È un dato di fatto che uno dei principali disincentivi all'investimento delle imprese straniere sul mercato italiano è proprio la rigidità del mercato del lavoro o, meglio, la rigidità che i giudici italiani, spesso ostentatamente di parte (anche se, alla fine, questo non fa l'interesse dei lavoratori), attribuiscono ai nostri rapporti di lavoro. Si usa dire, esagerando, che assumere un lavoratore in Italia equivale a sposarlo.
Per assurdo, nella pratica il reintegro in base all'articolo 18 è diventato ormai solo un'arma per ottenere risarcimenti più sostanziosi; la reintegra vera e propria si verifica di rado.
E, se un lavoratore perde il posto e la sua ditta non ha diritto alla Cassa, non ha alcun diritto: è senza lavoro e senza sostegno.
L'Istat proprio oggi, 31 gennaio, ci riferisce che la disoccupazione in Italia è ancora cresciuta: su base annua si registra una crescita del 10,9% (221 mila unità), per un totale di 2.243 mila unità. Il tasso di disoccupazione si attesta all’8,9%; il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 31,0%.
Leggi qui il rapporto Istat al 31.1.2012 


Per questo, noi pensiamo che, probabilmente, introdurre maggiore flessibilità non sia una bestemmia: ciò contribuirebbe, se non altro, a creare maggiore occupazione, (statisticamente, nei paesi in cui è stato fatto,l'effetto si è verificato) nella speranza che l'economia si riprenda ed il lavoro diventi stabile. 
Dato, però, che tutti debbono contribuire, riteniamo che le imprese dovrebbero farsi carico di sostenere un Fondo di Disoccupazione che consenta di affrontare senza eccessive ansie la perdita del posto di lavoro

Lo staff di LiberaMente

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