La conclusione cui giunge l’articolo di Settegiorni, per
nulla banale e semplice, impone una riflessione.
Su “Castano Blog” troviamo questa bellissima lettera scritta
dal Signor Osvaldo, amico di Giovanni Ardizzone, che ci permettiamo di
riportare:
Gianni è stato anche un ragazzo ed è così che io lo ricordo.
Una sera d’autunno tornando da Milano vidi il dottor Ardizzone che
indossando ancora il camice bianco saliva frettolosamente sulla sua Fiat 1100
con il viso sconvolto……
L’ultima volta che ci siamo rivisti ,Gianni ed io, è stato al
cimitero di Apricale nel 1998.
Osvaldo, 27/10/2012
Giovanni
Ardizzone era davvero un ragazzo, aveva 21 anni quando morì; come riporta
Castano Blog, certamente “credeva in un mondo
migliore, credeva in un mondo più giusto e più equo e si è battuto per questo
ideale, a discapito della propria vita”.
Cos'è che rende, ancora oggi, problematico celebrarne il ricordo in modo unificante? Non vogliamo sottrarci alla domanda che la giornalista si (e ci) pone.
Giovanni Ardizzone era un giovane comunista: riteneva che manifestare a favore di Cuba contro gli Stati Uniti significasse battersi per il debole contro il forte, contro la minaccia del colosso imperialista. E morì durante una manifestazione, per una carica della polizia, in un modo assurdo e tragico.
La sua morte richiama alla memoria quella, più recente ed altrettanto tragica, di Carlo Giuliani alle manifestazioni del G8 a Genova.
Fin
qui, la compassione e la tristezza per un giovane nel fiore degli anni morto per
affermare i propri ideali.
Ma, per rispondere al quesito, occorre però tener conto anche della verità storica, e quella ci dice che le ragioni per cui Giovanni morì non erano, forse, quelle in cui egli stesso credeva, ma altre, di cui probabilmente nemmeno lui era consapevole.
E che sono le medesime ragioni per cui il ricordo di Giovanni Ardizzone viene purtroppo ammantato di un'inutile politicizzazione da chi, ancora oggi, vuole a tutti costi dividere.
Ma, per rispondere al quesito, occorre però tener conto anche della verità storica, e quella ci dice che le ragioni per cui Giovanni morì non erano, forse, quelle in cui egli stesso credeva, ma altre, di cui probabilmente nemmeno lui era consapevole.
E che sono le medesime ragioni per cui il ricordo di Giovanni Ardizzone viene purtroppo ammantato di un'inutile politicizzazione da chi, ancora oggi, vuole a tutti costi dividere.
E’
verità storica che la crisi del missili di Cuba (in cui si inserisce la
manifestazione in cui Ardizzone perse la vita) fu causata dall’URSS : fu
Kruscev, leader del PCUS e Presidente dell’URSS, a decidere di installare a
Cuba missili a medio raggio con testate nucleari; gli americani li scoprirono
ed ebbe inizio la crisi, che terminò con il ritiro dei missili sovietici. L'intervento degli americani ebbe quindi natura prettamente difensiva.
Presidente degli Stati Uniti era John
Fitzgerald Kennedy, non George W. Bush.
Nonostante questo, su Castano Blog si legge un resoconto su Giovanni Ardizzone scritto da Gianfranco Ginestri (giornalista, fondatore del Centro Culturale Ernesto Che Guevara e del Circolo Bolognese Italia-Cuba) che così recita: ….la Camera del Lavoro di Milano organizzò una grande manifestazione pacifista e di protesta contro l'aggressione imperialista degli Stati Uniti a Cuba.
In quegli anni il Partito Comunista Italiano – di cui la Camera del Lavoro costituiva in sostanza un’emanazione – era dichiaratamente schierato a favore dell’Unione Sovietica (non ne facciamo una questione di finanziamenti, che pure vi furono, ma solo storico politica).
Pochi anni prima, nel 1956, la Rivoluzione
Ungherese ispirata da manifestanti ed operai anti sovietici (i quali occupavano
ancora l’Ungheria) fu soffocata nel sangue.
Palmiro Togliatti, segretario del
PCI alla Prima Conferenza mondiale dei partiti comunisti a Mosca votò a favore
della condanna a morte di Imre Nagy (politico a guida della Rivoluzione) con
l'accusa di aver aperto “la strada alla controrivoluzione fascista”.
L'Unità
definì gli operai insorti "teppisti" e "spregevoli
provocatori", nonché "fascisti".
Anche nella crisi dei missili di Cuba,
forte fu l’impegno pro URSS del Partito Comunista Italiano e, come in
occasione della Rivoluzione Ungherese, gli slogan anti imperialisti confezionati
nel Comitato Centrale infiammarono i cuori di molti giovani che, in modo
limpido, credevano nell’ideale comunista.
Ecco perché, ancora oggi, confrontarsi con questi
temi è molto difficile.
Anzichè riconoscere queste chiare verità storiche, alcuni ex – giovani (che purtroppo influenzano molti giovani veri, come allora) preferiscono fare di questo come di altri fatti storici una bandiera "contro".
E, come allora, bollando come "fascisti" e "spregevoli provocatori" chi tenta di ragionare pacatamente.
Anzichè riconoscere queste chiare verità storiche, alcuni ex – giovani (che purtroppo influenzano molti giovani veri, come allora) preferiscono fare di questo come di altri fatti storici una bandiera "contro".
E, come allora, bollando come "fascisti" e "spregevoli provocatori" chi tenta di ragionare pacatamente.
Poi, magari, le stesse persone, il 10 febbraio "si dimenticano" di celebrare il Giorno del Ricordo, istituito per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati, perseguitati dalla follia omicida dei comunisti di Tito.
Anche in questo caso, purtroppo, la storia viene usata per dividere, anzichè per unire.
E sinchè vi saranno consiimili atteggiamenti, sarà purtroppo, come dicevamo, molto difficile creare condivisione su fatti storici come quello di cui parliamo.
Ecco perché la questione posta dall’articolo di Settegiorni è complessa ed articolata, e non sarà di breve soluzione, nonostante, anche a distanza di 50 anni, la morte di un ragazzo giovanissimo per un ideale continui a commuovere.
Lo Staff di LiberaMente
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