sabato 3 novembre 2012

Giovanni Ardizzone: un ricordo che dovrebbe unire, non dividere



La conclusione cui giunge l’articolo di Settegiorni, per nulla banale e semplice, impone una riflessione.

Su “Castano Blog” troviamo questa bellissima lettera scritta dal Signor Osvaldo, amico di Giovanni Ardizzone, che ci permettiamo di riportare:

Gianni è stato anche un ragazzo ed è così che io lo ricordo.
Avevamo dodici anni e cacciavamo insieme le farfalle, seguivamo con passione i films western al Cinema Italia, e qualche volta spaventavamo i compagni dell’Oratorio con una polvere pirica che lui confezionava di nascosto dal padre Ferdinando, che era farmacista.
Una sera d’autunno tornando da Milano vidi il dottor Ardizzone che indossando ancora il camice bianco saliva frettolosamente sulla sua Fiat 1100 con il viso sconvolto……
L’ultima volta che ci siamo rivisti ,Gianni ed io, è stato al cimitero di Apricale nel 1998.
Osvaldo, 27/10/2012


Giovanni Ardizzone era davvero un ragazzo, aveva 21 anni quando morì; come riporta Castano Blog, certamente “credeva in un mondo migliore, credeva in un mondo più giusto e più equo e si è battuto per questo ideale, a discapito della propria vita”. 

Cos'è che rende, ancora oggi, problematico celebrarne il  ricordo in modo unificante? Non vogliamo sottrarci  alla  domanda che la giornalista si (e ci) pone.
Giovanni Ardizzone era un giovane comunista: riteneva che manifestare a favore di Cuba contro gli Stati Uniti significasse battersi per il debole contro il forte, contro la minaccia del colosso imperialista. E morì durante una manifestazione, per una carica della polizia, in un modo assurdo e tragico

La sua morte richiama alla memoria quella, più recente ed altrettanto tragica, di Carlo Giuliani alle manifestazioni del G8 a Genova.

Fin qui, la compassione e la tristezza per un giovane nel fiore degli anni morto per affermare  i propri ideali.

Ma, per rispondere al quesito, occorre però tener conto anche della verità storica, e quella ci dice che le ragioni per cui Giovanni morì non erano, forse, quelle in cui egli stesso credeva, ma altre, di  cui probabilmente nemmeno lui era consapevole.
E che sono le medesime ragioni per cui il ricordo di Giovanni Ardizzone viene purtroppo ammantato di un'inutile politicizzazione da chi, ancora oggi,  vuole a tutti costi dividere.

E’ verità storica che la crisi del missili di Cuba (in cui si inserisce la manifestazione in cui Ardizzone perse la vita) fu causata dall’URSS : fu Kruscev, leader del PCUS e Presidente dell’URSS, a decidere di installare a Cuba missili a medio raggio con testate nucleari; gli americani li scoprirono ed ebbe inizio la crisi, che terminò con il ritiro dei missili sovietici. L'intervento degli americani ebbe quindi natura prettamente difensiva. 
Presidente degli Stati Uniti era John Fitzgerald Kennedy, non George W. Bush.

Nonostante questo, su Castano Blog si legge un resoconto su Giovanni Ardizzone scritto da Gianfranco Ginestri (giornalista, fondatore del Centro Culturale Ernesto Che Guevara e del Circolo Bolognese Italia-Cuba)  che così recita: ….la Camera del Lavoro di Milano organizzò una grande manifestazione pacifista e di protesta contro l'aggressione imperialista degli Stati Uniti a Cuba.

In quegli anni il Partito Comunista Italiano – di cui la Camera del Lavoro costituiva in sostanza un’emanazione – era dichiaratamente schierato a favore dell’Unione Sovietica (non ne facciamo una questione di finanziamenti, che pure vi furono, ma solo storico politica).
Pochi anni prima, nel 1956, la Rivoluzione Ungherese ispirata da manifestanti ed operai anti sovietici (i quali occupavano ancora l’Ungheria) fu soffocata nel sangue. 
Palmiro Togliatti, segretario del PCI alla Prima Conferenza mondiale dei partiti comunisti a Mosca votò a favore della condanna a morte di Imre Nagy (politico a guida della Rivoluzione) con l'accusa di aver aperto “la strada alla controrivoluzione fascista”. 
L'Unità definì gli operai insorti "teppisti" e "spregevoli provocatori", nonché "fascisti".
Anche nella crisi dei missili di Cuba, forte fu l’impegno pro URSS del Partito Comunista Italiano e, come in occasione della Rivoluzione Ungherese, gli slogan anti imperialisti confezionati nel Comitato Centrale infiammarono i cuori di molti giovani che, in modo limpido, credevano nell’ideale comunista.

Ecco perché, ancora oggi, confrontarsi con questi temi è molto difficile.
Anzichè riconoscere queste  chiare verità storiche, alcuni  ex – giovani (che purtroppo influenzano molti giovani veri, come allora) preferiscono fare di questo come di altri fatti storici una bandiera "contro".
E, come allora, bollando come "fascisti" e "spregevoli provocatori" chi tenta di ragionare pacatamente.

Poi, magari, le stesse persone, il 10 febbraio "si dimenticano" di celebrare il Giorno del Ricordo, istituito per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati, perseguitati dalla follia omicida dei comunisti di Tito.  
Anche in questo caso, purtroppo, la storia viene usata per dividere, anzichè per unire.

E sinchè vi saranno consiimili atteggiamenti, sarà purtroppo, come dicevamo, molto difficile creare condivisione su fatti storici come quello di cui parliamo.

Ecco perché la questione posta dall’articolo di Settegiorni è complessa ed articolata, e non sarà di breve soluzione, nonostante, anche a distanza di 50 anni, la morte di un ragazzo  giovanissimo per un ideale continui a commuovere.


Lo Staff di LiberaMente

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